Carla Aita: dalla piuma alle dita *** ninfa_41@libero.it *** (ogni immagine è reperibile in rete)
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sabato 10 novembre 2018
Minuendo
La somma dei cateti
l'angolo retto restio d'ipotenusa
il virgola tre periodico dei miei bisogni estremi
Il punto, la parentesi tonda quadra e graffa
e non ci sei
non so dove
con che voce mi chiami
se roca o liscia
Sono panno steso al sole
lenzuolo stordito dal va e vieni
che diventa gabbia
paravento d'estate
ombra di gazzella e unghia di leone
Vorrei una mano dal cielo di padre
Funerali di Stato (14 Agosto 2018)
-eccolo... è lui... un autografo... sììì...-
(battiam battiam le mani
fischiamo ai cattivoni)
-un selfie con me la prego!-
E siamo dei pirloni.
Due punti:
-Oddio... era la mia vicina
che mi porgea al calar del giorno i suoi commiati
ed al mattino avea per me saluti e baci.
Ora son morto e di me spoglie dissacra
ma ancora al dito porta
l'impronta in quello schermo.
Che devo pensar ora di lei?
L'animo mio adunco tace
che non vorrebbe mai sorvolar l'inganno
e nemmen tacere il fio.
Chi sia ella ora non so -né allora-
al tempo in cui non tacque il riso
che al birichino sbirciar da tende
di mantide vidi l'occhio suo scrutare-
Scucirò viole all'erba
-Camera d'aria sgonfia-
Ah, madre, mi languisce l'ora non vederti a ripararla come i giorni
quei di maggio
che si pedalavano i chilometri da qui all'altre case
distanti al centro.
Vivendo fiori, erba, fragole, persone
e le salite a piedi (discese ardite assenti)
e chissà se mi stancavo.
Madre, tu lo ricordi?
Senza ruota scucirò viole all'erba.
Ricordi le nevi
(ad un'amica)
Sono l'Apocalisse dei minuti laccati
fermi alla gogna, restii all'oblio
Sono la gola arsa d'astuzia
verde di menta
staccata al picciuolo
Ricordi le nevi e l'umido autunno?
Amica, ho perso le dita a contarti
a vendermi ragioni
a confluire delta di rigagnoli in vita
Coglierti nell'attimo che tramanda raggio
trovandoti sfumata nei miei cortometraggi
Del vivere nulla intesi mai
Cadi
e butti a culo, al vento i 20
mulinelli
vite su righi di spartito
note in gola
quelle che stringi in scogli di mano e
e che ti rubano l'aria, corde di violino, luci accese
quasi svastica d'un oggi che disconosci
che ne divorzi respiro
Librerie di motti, frasi a tozzi
aridi
la noia di articoli a scalare e notti a crescere
Esserti a cuore
L'amore reciso da tentacoli di luna piena
lanciato al radermi doglie in capelli arruffati
mentre seguo ombra e dita -rito fasullo ancestrale
di un'odalisca in pena-
L'anima appende al gancio la sua trebbia
l'esser sua disgiunta in tino e mosto
nell'attesa fuori luogo e tempo
del rito pagano
a cuore
Le tue vigne
E le tue vigne
braci ed occhi avanti
tu e le spine delle mie croci capovolte
l'impronta d'indice sulla fronte che mi piange i mesi
Non dormo ma veglio l'astro
quello non mappato
fuggito al giro del sole
e le tende
ah, le tende... senza vie su cui sbirciare gli occhi capovolti
Un dipinto a ritrarre un battito
e un suono d'ugola d'infinito coniugato.
Nei limbici volumi
Trovami nell'arpeggio d'un sole a tratti
in recondite memorie fitte di luce
scevre di ponti.
Lascia che esondi l'anima su delizie incolte
che traviano
deviano
sfamano
iniziano
Frugami nella giacca a trielina appesa
nei limbici volumi d'arcaico sapere
dove la fine del giorno chiama
per nome anche le ciglia tinte.
La Bestia (il numero)
Sono l'ombra piegata del girasole
l'ignoto buio che circonda la mia aura
che slitta
sobbalza sulle vicissitudini dei miei balzi bipolari
di redini in mano a sabbia.
Ah, sempre ti esclamo o padrone delle miserie
male del mio male
membro flaccido dei miei costumi
feccia della feccia
ma non hai mani
voce
tono
volto
solo tre numeri
e sei cane.
giovedì 8 novembre 2018
L'arcano ego
io.
contaminata d'ego.
sono.
Nell'immenso dei miei punti virtuali
nella seconda porta a destra delle virgole
fra punti sospesi -tre- a farmi ponte in calce
in calce a nembi montati a neve nel morir di grani
Illuminata in tempo d'avi a mietere croci
ritte innanzi al blasfemo vivere degli scudi a croce io
le mie ignoranze ora virtù
ad esorcizzarmi lingua, senno e tempie.
l'arcano ego.
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