Nella coda del giorno
così capitava di fermarmi ma il gelo inchiodava il respiro
Pensavo fosse bianco il tepore dell'alma fra piume candide a merlo di un cigno
Dimmi ove sorge il paese del bianco che lacca ogni sguardo
ogni riso
dove sorge il canto del sole staccandosi da lacrima adulta
Adultera
Adulta nella goffaggine sua dimensione d'essere
e nessun palmo devoto ad un'asciutta carezza
dove guadi il sorriso piccante di una tenera e ossuta carne

A volte mi sorge un turchese
e mi getti lì come farina sul presepe come zucchero fine sulla torta di famiglia
Polvere
trama di tela neutra
Rondine senza tetto nel farsi aquila al proprio volo
Così le mani raccolgono sassi levigati da altre mani
-raccolti da altre mani- senza didascalia per spremerne il volto
Il vizio
La prece comanda l'ozio e la vista non brucia al sale
A volte mi sorge un turchese
ed erano i frutti
Ma chi...
chi spalanca finestre la mattina?
Chi sveglia le mie palpebre coi bagliori di un alba sobria e solitaria?
Non la luce di un lampione allarga la visione d'occhi salmastri d'alghe
Mi han tolto la rabbia accesa delle ciliegie acerbe
di pallide fragole consumate nel primo tempo che conservano i sapori della selvaggia infanzia
ed erano i frutti dopo i fiori e i fiori dopo i rami
e le camelie a bisticciar di rose
e se il canto non finisse
Giungo a tregua
Quattro sponde
la mia notte è un cilindrico "dove"
ove girotondano ghirlande in rose ed intrecci d'erba nel vorticoso sfuggire al perpetuo calare
di fiocchi e foglie
Ampio cerchio la mia notte dove fedi di amanti sorseggiano un flut
In assenza di spezie e voglie
qui
dove il vento ammazza traiettorie
resto a contarmi sulle unghie gli attimi
fingendomi sagra di una sacra festa dove
le persiane hanno spiragli di minima luce -lume rauco-
e l'assenza di spezie e voglie colmano centotre vasi di pandora
Un gingillo di ciliegia sulla mia testa
La nebbia degli amori spenti
che si sdraia su resti -vasi- di budelli in ciottolato granata
dove nemmeno si ferma un fiore o un aculeo di rosa o
sulle crune di uno sbriciolato vivere che non si lascia rubare un respiro
Forse è la nebbia degli amori spenti a farmi mulinello
o forse -dico forse- è solo l'alba di una nuova ombra
che chissà dove ha lasciato il suo "no"
Bancarelle
Accendo una "siga" sfregandomi un verso quando
metto distanze tra un rombo a scoppio e la mia fronte
Sono sparse in pezzi su banchi macerie d'un passato a due e quattro ruote
che tornano in vita fra sapute mani
Un cerchio d'occhi in mezzo a visi e gambe mentre mi concedo un saluto
Di ceneri e rose
Paure s'accendono come fuoco di fumo a sera
Se guardi le immobili pianure farsi monti
l'aculeo bigio d'un domani incerto di sole s'allarga
Ecco la volta delle creature ingorde di suoni -e ciglia-
che a volte pesano sul mio asse e a volte ne misurano l'assenza
Sali nel grigio mio vestire che danza fra scalze dune e
nell'illuminarsi d'un tachicardico verde
stringimi nel tuo vagare fra ceneri e rose
Nell'estivo verde
Mi bisbiglia il ramo una frase in infinito
La senti nel cammino, nel navigare acque dirigendo una foglia al vento che di vento nulla sa
Le rughe ne hanno viste di mietiture e campi alla semina -in granelli-
Nota
Non hai detto di sedermi
Sai che non si può fermare a lungo l'anca dello sfiorarti ciglia
-culla del tuo plumbeo-
E quelle fragole di guance che si stendono...
Piovendo
Obliqua a tutto
quando sfasa l'immagine che si guarda nell'iride e sei tu che invece ti chini a sinistra
sapendo che è la destra a consolarti
Primula di grano Acqua dell'acqua Fronte di ogni fonte
La fontana il traguardo -dove ti comanderò-
Non morire tra le cosce del domani
Le ombre sono pigre nell'adagiarsi a fianco poichè
lo spazio si dimezza quando la forbice stringe le braccia e
a volte sono quelle di lama lunga che miracolano nello sminuzzare carta ma
temibili come falangi attigue
Pure ieri m'ha sfregiata -del sole- il disco
Come gatti
Mi davi l'edera dei perchè nell'arrossir di cielo
e bicchieri in sonnecchio fra bottiglie a trentatré ascoltavano respiri -trame in fumo-
Nell'attenderci non tornavamo mai davvero
Ho chiuso la spelonca che filtrava ragni senza tela
e ho lasciato che le rondini s'ammutolissero sul tetto -che il viaggiare stanca-
Ora, non prima e non dopo
La slaccio ora la schiena -che a terra l'erba del giorno per me si fa nuova-
Altri gigli, altre rose d'essenza magenta varcano lo stringersi
del ponticciuolo che delimita la mia proprietà
Episodio
Ancora ti rispecchi Narciso alle mie acque
e del solenne volto gli occhi fanno tana
Dammi ore d'onda tra i fili dello stagno
dove rincorrevi cigno e il bianco suo allargarsi
Nel muricciuolo denso di color mattone
stavo inquietamente osservando il movimento
ma l'acqua mi travolse -in vortice- e breve fu il domani
Sventolio d'ali
Mettimi pure un numero e dammi il pianeta che vuoi
Non sarò mai una vergine che s'allunga ad un leone
nè un pesce che si spegne agonizzando in un acquario
Ponimi come specchio sul camino ardente
avendo per gendarmi due larghi lumi accesi
Ardere e ardire di legno arreso al fuoco
mentre il bollitore sbuffa l'ultimo fischio
Di un'assenza
ed ora lasciamoli nudi i numeri dell'agenda
L'albero non mi chiama ma forse i tuoi morsi si
e mai mai mai mi finisce la stagione e mai -mai mai- si allontanano i gabbiani
Tu reggimi il gambo del quadrifoglio
La fine
di nevicate in scartoffie e dei loro colori munti
dello sciacquare fra grigie ed intersecate rocce -nello scorrersi d'acque panni d'arsi sorrisi-
Butto la giacca sul primo mucchio di nulla e mi allungo alla sera
Di giorni ed ombre pigri
Arrivano a manca voli di gazze-ladre
Vittime amori ingialliti a macchia di leopardo
gocciolate come ora i fiocchi -giocandosi distanze- intrappolate fra le ruote del carro
Di me che rifletto
Apriti figlia d'ozio sposato
Ranuncoli di virgole a capo tingono a terra il bianco
e figli d'edera trovano abbraccio fra una capriola di sole e un rigurgito giada
Ah...questa pioggia che mai mi cade
Dopo
quelle ore che digrignano i denti quando il battacchio chiama
costellano cori i "DAN" -pizzichio d'aria al naso-
Cammina basso il vento del ciglio a neve bianca
sotto la stanza dei "SE" che intorpidisce il dolo
Ricca è la spiaggia delle comete morte
dei figli assenti
dei baci appesi agli aghi
Ricca è la morte
Bolle d'asfalto
Bolle l'asfalto delle camicie smesse di voglie incastonate come labbra d'oriente
fra schemi di freddo argento appannato al tempo
Abbandonate e stanche le rime di traverso risalgono il ponte
ove s'intravede la vecchia ruota del mulino zitta
Rilievi
Documenti d'antichi rilievi -incisione su rame ingannevole oro-
si lasciano sfogliare dall'acido e stanco sguardo del mio occhio destro
Tutte le frasi fioriscono parole verbi acerbi vocali tritate e tutti i verbi
si rincorrono al logorio di faticosa lettura inciampando sullo strascico in tulle imbrunito
Ho ancora il fiocco
Ancorami
Questa la bufera del principio attivo
vìola l'arcaica memoria dell'androne di casa primitiva stravolgendo
il sublime intento del dettar di tempo ancorandosi
alle comete arrampicate a fiocchi nell'attendere coltre in bianco ad inghiottirle
Se solo, se solo la mia mano potesse tingere il busto d'un pettirosso