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domenica 5 gennaio 2020







Gogh



Il giallo apriva giorno
Gocce come strillar di quotidiana vita
di pennelli carcerati in tratteggi vigili
al cangiar di tempo

Affannato vivere tinto a fraterno amore
-sua destra agli affanni-
quando la mente cagionevole d'artista
confondeva campi di grano.
La notte dei miracoli.















ma teco azzardo



-angoscia- il dì digiuno
a delinquere solco d'anima repleto
                                                   represso
margine d'un ipotizzato rio -fine a desistere-
In crepe grulle di terreno
non è sparso dono in semenza 
ma teco azzardo -già traggo mano-
Segni di fine 
come ideogrammi a ripeterci l'ovvio













Amori che non sono



energica la spuma di miei sapori
nevi assenti
guanti persi in pista
ad osservar lune ma non piume
quelle a svolazzar l'onirico mio sogno
-gemme in germoglio-

Aceri
venti morsicati al nord esteso
occhi lucidi sempre soggetti al nord
e la speme chiara a trasudare ponti
verdi spasmi
amori che non sono













a segnarmi l'oltre



erano rose, pianeti vissuti
spine di gambi a segnarti l'oltre
quello a cui il siero d'amore conduce

Erano cuori
quelli dei vent'anni d'erba
sere raccolte in mazzi a centouno

La paglia, fieno per il riposo
virgulti a maggio a tingerti gote e sono io
lo ero allora
e ancora ed ancora 
fino a spezzarmi d'alma