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mercoledì 2 ottobre 2019





Suicidio di una lacrima



Nemmeno il dolore d'occhio ne fermò la scesa
che dunque nemmeno pianse il pianto
sì tanta fu dentro miseria
Scordò tasti -cartucce a sparare-
e pure gli spazi riempirono il foglio
che al cadere non avesse a dileguar inchiostro

I dodici mesi sedettero a terra
spenta di bruma, lavagna vergine d'ardesia
e un segno di croce all'etere














Marzo delle miserie



e camminano bambole dalla faccia grigia
-scuro il rosso di labbra e gote al freddo-
S'irrigidiscono lenzuola in stagione nel marzo delle miserie
delle signore in rosso amaranto a guardarsi il tacco
la borsa in spalla piena d'aria
del loro profumo















Battito d'un giorno



Eri su me in adunco protenderti
in osservanza d'esteso fogliame -come fra chioccia/paglia-
Al picchiettar d'acqua cadente del suo salire
parea il giorno sonnolento aprile
suggerendomi, di sole, uno sbadiglio
















In anno Domini



Su ceramica di vissuto piattame
scivolava in mio pugno il pennello
tingendo su blu notte note a neve che
-sopra coppi insonnoliti al bianco
stendeva all'Altissimo odi sacre-
Di culla in bambagia dondolar di muri
e a spalle solo buio