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mercoledì 2 ottobre 2019





Suicidio di una lacrima



Nemmeno il dolore d'occhio ne fermò la scesa
che dunque nemmeno pianse il pianto
sì tanta fu dentro miseria
Scordò tasti -cartucce a sparare-
e pure gli spazi riempirono il foglio
che al cadere non avesse a dileguar inchiostro

I dodici mesi sedettero a terra
spenta di bruma, lavagna vergine d'ardesia
e un segno di croce all'etere














Marzo delle miserie



e camminano bambole dalla faccia grigia
-scuro il rosso di labbra e gote al freddo-
S'irrigidiscono lenzuola in stagione nel marzo delle miserie
delle signore in rosso amaranto a guardarsi il tacco
la borsa in spalla piena d'aria
del loro profumo















Battito d'un giorno



Eri su me in adunco protenderti
in osservanza d'esteso fogliame -come fra chioccia/paglia-
Al picchiettar d'acqua cadente del suo salire
parea il giorno sonnolento aprile
suggerendomi, di sole, uno sbadiglio
















In anno Domini



Su ceramica di vissuto piattame
scivolava in mio pugno il pennello
tingendo su blu notte note a neve che
-sopra coppi insonnoliti al bianco
stendeva all'Altissimo odi sacre-
Di culla in bambagia dondolar di muri
e a spalle solo buio









venerdì 7 giugno 2019





Viscere d'un "dunque"



e dentro un cilindrico cubo
fiato a volare
nastro a stringere vergogne
viscere d'un "dunque" mai proteso

Vergine di capo
figlia d'anima rossa
atteso annunzio di mani a corolla

Illuminano seni un manto
a coprir di pastori gregge
offerto in sonetto arcaico 
entr'ora di luna offesa


















Ancora àncora



Vorrei che la notte mi sporcasse lenzuola
di quel nero che dentro ti ci vedi
dove cerchi amor di labbro a merlettarti un rigo

Lavami di te in quel seguir mattina
Sporca di marsiglia la mia nudità 
ancora àncora di mordace frutto














Benedico del male il frutto



Scale a cipressi accesi lambiscono rive
or di campo ora di muto aratro

Svegliati figlia di tempo e fiori
che avanzano progenie di Cupido in festa ed in testa
corone
a rose in vissuto maggio

Svegliati madre
figlia d'oro e incenso bianco
a strozzare di respiro il canto
benedicendo del male il frutto












Il mio paese è verde



Il mio paese è verde
Verde la casa, il contorno. Verdi le risa.

Solo ruderi ei mi lascia:
suol natio che seco avanza
col mio tacer d'affanno
Putride acque chete avvolgono
la mente a sé riversa

-ah, Madre, mai ti persi-












Germoglio di madre casa



Si stacca un germoglio da madre casa

Di linfa piange l'amore in rami
florido di giunti -giunchi- si fa mordace
abbraccia le catene della miseria
fiorendo così di fulgida azalea

Foglie tingono a grigio la triste assenza
chiudendosi in abbraccio
che sì triste la vita più non parea









sabato 4 maggio 2019






e non sai di carezzarmi labbro



La disperazione d'adunca foglia
figlia di resina in testa al pianto
madre al virgulto d'opale in emisfero opaco
e non tacesti né mai ti tacqui
e nemmeno l'ombra ti fece notte seco.
Non di rabbrividir rubino tingesti l'unghie
nulla.
E non sai di carezzarmi labbro.














Piove ma continua il tango



Sei danza mia continua
quella di aquiloni
rondini che ad ogni batter d'ali fan primavera

Non mi catturi e fra le mani tue non sguscio
Piccola
ignuda
in tenace guardia volo te
mentre piove e continua il tango
















Sgranando rosari in edera



Calici a primavera serrano rue a viandanti
Riversi
privi all'interno di vite il succo
senza tondi alla tovaglia

Fior di pistilli s'aprono al nord, c'avanza
-sole di mandorle... zucchero a granella-
sfilando a sera d'ansia l'abito















Che di te mi riposi



e ti fermasti allor sulla mia pelle
come colore di mora alla bocca
Non scese buio per me quella notte
ma il gioco a professare preda

Se l'occhio tuo non frena del guardarmi
farò tacere l'antro degli addobbi
quelli a festa ad amoreggiare l'asse
che d'altalena si fa distinguere ogn'ora

Scavami la fossa che di te mi riposi














Addormentarti del mio guanciale



Vorrei una casa in forma di favola
con coppi a spiovere su grondaie 

Vorrei una favola di rame d'oro 
come pentola di polenta:
neve ai monti e cuore in alto
pronto a giocarsi la piuma d'oca
-addormentarti del mio guanciale-













Ad intenerir magnolia



Alberi e verde a costeggiar di sogno
senza peli all'occhio
guidavano ad elfi e ninfa
-assenti d'aroma in viola nuovi morsi a fiori- 

Erano querce d'ombra
rami a sovrastarmi il biondo
agganci di chitarra a intenerir magnolia













e t'amo che ti amo



Dietro la finestra l'anta -socchiusa. ora aperta-
Sdraiata nell'immagine del vetro 
scorgo in altri occhi il verde dei tuoi pensieri, 
di lacrima
Vedo il rosso attorno alle mie pupille 
labbra
lingua
cuore

Mettimi la nebbia tra le cosce
la tua mano al ginocchio e alla caviglia l'altra
così sarò legata
legata da un pensiero a te, alle tue mani
al tuo corpo 
alla parte che posso avere

Schiodami da queste assi, da questa porta
chiusa
senza vetri -tutto legno... strisce, solo strisce-
Senza fessure, spifferi
angoli né luce
Tutto liscio
quadrato

Addormentati su me come tegola sul tetto
come coppo
curvo
accovacciato
steso solo ad ascoltare i giorni 
mattine 
minuti
ombre















Spifferi d'erba



L'urlo del verbo a me si preme
nel mentre affiora brama di canto
La voce ha suono e volto nelle fibre piene di notte
di note
di vespri in speme che al DO MI SOL porta
me
e l'ugola che culla il vento -spifferi d'erba munta-

e lì giaccio 
sdraiata in loco che mi depose un fato a stelle
-trine e punto croce-
Ahhh
otre in vino ad inneggiar manto del canto
Labbra tese e cuore arso

Nuda














Salvami questa notte



Si vive di speranze in queste lunghe ore a futuro
I suoni si sciolgono ed io non so il tuo nome.

Si spezzano pensieri e frasi
quando si rubano alla sera e
e non s'accorciano versi né ali d'angelo a calar di steli

M'hai rubata alla luna in fari spenti
ignari d'alba tra colline che disegnavo infante
che ancor colorano le rughe in punta a dita
Sempre sorgeva e risorge in me l'affanno di reduci mie vite
d'albori mancati o persi
ma salvami questa notte.













Su desio che circolando preme



Porgi mano di pioggia sotto nube di salici in cruccio
Muri a terra
foglie a danzar stagione

Non va seguendo la mia stretta
ciò che di tuo è il tuo
ma il desio che circolando preme
smembrerà la più piccola attesa d'obolo












lunedì 11 marzo 2019







Girami ogni volta



Amami di notti
              di stelle
di luna che succhia labbra d'amanti
              -tormenti desueti su amori in cialda-

Graffiami asfalto di primo verde
a sudare gocce in brina
arreso al piacere marzolino
Girami ogni volta che alla lancetta cambi il tempo 















In immensità di sogno



Lanterne muoiono al viale delle voglie spente

Muoiono alla luce di neon ad orizzonte
vivono all'ombra d'ombre di fuochi
fatui
tesi a retta nel viso
a ponti d'assi su vuoto
assenti a dischi e voci di pepite astrali coese in sbarco

Nomade fra idi a stagioni e patos
culle e frasi orizzontali di fine all'oltre
oltre al fine
ove  gioie d'amore assalgono ma in immensità di sogno



















Ora e ancora è tempo       (al proprietario della macchina "grigio moda")



Sono entrata nella tua vita grigio moda.

Un piede alla volta
una mano alla portiera e chiudo
-lentiggini del nodo in gola al soffocarsi un bacio:
ti so abbracciare?-
Sogni morti e anni negati, annegati
nella stanza a navigare un oltre
laddove le viscere aspettano un Dio

Una mano alla volta
senza fretta di sapere 
e chiudo
chiudo l'ombra che m'arrotolava  al tempo
che mi trovò ancora due trecce bionde
un sipario di capelli a celare il volto

Ora e ancora è tempo














Nell'ora è scuro



Muore tutto all'orizzonte
come battiti 
-ora calmi, ora veraci-
ma non esiste nell'io presente
né fra mani tue non ancora scritte

Lambisci argine alla soglia 
del mio colore
dell'indecenza
e tienimi ancora come sempre
fra carne ed unghia
vittima di vita e mai di morte

S'oscurano ombre "Din su" la vallata
ma non d'ascolto e orbita (arma futura di mio linguaggio)
minando d'ozio e Oriente

Nell'ora è scuro ed il blu più intenso
e blu son gli occhi
che nel languir d'amore
cercano spazio. 
All'imbrunire.











Ora che sei cosa attesa



e chissà se ora tu vedi il mio sorriso
con gli occhi di zingara a rincorrersi
Non foglie arse ma verdi germogli
com'era la maglietta del mio corpo

Chissà s'anche le zagare si muovono
al primtemps degli amori ascesi
a quelli che ad indicar lo dito
fan piangere di nudo occhi ed altro

Seguimi nell'inguine del tarlo
ora che sei in esso cosa attesa